L’antico abitato di Sutri doveva sorgere sullo sperone di tufo che ancora oggi ospita l’attuale abitato e che è delimitato da vallate solcate da corsi d’acqua e difeso intorno da alti pianori. Fra queste colline che fungevano da difesa naturale si delineava il percorso naturale che collegava in antico i territori tenuti dagli etruschi, la fascia costiera del Tirreno e, contemporaneamente, la linea di transito da Roma verso il nord della Tuscia.
Ad oggi appare poco chiara la questione relativa alle prime forme di occupazione del sito anche se delle ricerche archeologiche hanno permesso di individuare alcuni frammenti di ceramica databile alla fase più tarda dell’età del Bronzo finale (X sec. a.C.) e che sembrano suggerire la presenza di una frequentazione dell’area urbana già in età protostorica. Le stesse ricerche hanno messo in evidenza anche altri centri abitati di modesta entità che nel periodo protostorico erano posti nei pianori che circondano la Città. Tali informazioni portano ad ipotizzare che la nascita del centro urbano sia originato in seguito ad un processo di unificazione dei villaggi nel pianoro che ancora oggi ospita Sutri.
Le informazioni relative al periodo preromano appaiono scarse, rendendo complessa la definizione dell’appartenenza della città alla cultura falisca o a quella etrusca. E’ solo a partire dal V secolo a.C. che il ruolo di Sutri viene a prospettarsi più chiaramente quando entra negli interessi di Roma grazie alla sua importante posizione strategica, fondamentale per il controllo sia delle aree etrusche, sia di quelle falische.
Narra lo storico Tito Livio che agli inizi del IV secolo Sutri è sotto assedio da parte degli etruschi di Tarquinia. Vista l’eccezionalità dell’evento, narra sempre lo storico, gli abitanti di Sutri decidono di mandare degli ambasciatori a Roma, in base ad un’alleanza che i sutrini avevano stretto con l’Urbe. In quel periodo è dittatore di Roma Marco Furio Camillo che caldeggiando la causa di Sutri, decide immediatamente di portare aiuto alla città alleata, riuscendo a sbaragliare le fila etrusche. Con Roma Sutri assume una nuova funzione militare e politica su tutto il territorio a nord di Veio, è eretta a colonia latina, probabilmente nel 383 a.C., divenendo partecipe degli scontri che vedono Roma contro alcune città etrusche e che si concludono con la definitiva sottomissione di Tarquinia, Volsinii e di Falerii.
Con la fine delle ostilità Sutri perde il ruolo di caposaldo militare divenendo poco a poco un importante centro rurale, l’ipotesi sembra confermata dal graduale processo di occupazione ed organizzazione delle campagne intorno al centro urbano dove non manca la presenza di numerose emergenze archeologiche relative a infrastrutture insediative e ville rustiche. In questo modo Sutri è ricordata come una delle città più fiorenti della regione, come confermano il complesso monumentale dell’Anfiteatro, l’estensione della necropoli urbana e la presenza di un sistema stradale assai organizzato che collegava l’area urbana con tutto il territorio circostante.
La continuità d’uso della via Cassia, anche dopo la caduta dell’impero romano, è senza dubbio uno dei motivi fondamentali della ciclica funzione strategica di Sutri. È ben presto sede vescovile: al 465 d.C. risale la prima testimonianza di un vescovo di Sutri, tale Eusebius presente al sinodo romano di quell’anno. È sede degli scenari bellici tra longobardi e bizantini che costituirono le premesse di un nuovo assetto territoriale e politico della Tuscia. Occupata dai Longobardi nel 568, Sutri è ripresa dai Bizantini con la spedizione dell’esarca di Ravenna, Romano. Successivamente riconquistata dai Longobardi di Liutprando, è donata al pontefice Gregorio II nel 728.
Le scarse notizie relative a Sutri per i secoli IX e X non consentono di delineare un quadro preciso delle vicende locali, per la sua posizione topografica e nel ruolo di ultima tappa prima di Roma lungo la via Cassia la Città è menzionata come sosta obbligata nelle discese a Roma degli imperatori germanici o ancora, per il passaggio o la presenza di vescovi e monaci, figure illustri nella storia del Cristianesimo.
Con il medioevo Sutri assume una maggiore importanza politica all’interno del territorio pontificio che forse ne motiva la scelta come sede del concilio del 1046, indetto dall’imperatore Enrico III, per volere del quale dopo la deposizione dei papi Benedetto IX, Gregorio VI e Silvestro III, è eletto al soglio pontificio Clemente II di Bamberga.
Sul finire del XII secolo e nel corso del successivo la Città è coinvolta nei movimenti di autonomia ed espansionismo delle potenti famiglie dell’aristocrazia romana a cui un’ingerenza sempre più forte nei confronti dell’autorità della Chiesa ne determinava un forte indebolimento sul piano politico. Nel 1111 Sutri è di nuovo sede di un importante incontro tra l’imperatore Enrico V e il pontefice Pasquale II, durante il quale vengono poste le basi di un accordo che pone fine alla lotta per le investiture, noto come Iuramentum Sutrinum. Nel 1140 Sutri è assalita e presa da Giovanni dell’Anguillara per ritornare poi in pochi anni sotto il controllo diretto della Chiesa.
Nel corso del XIII e XIV secolo le vicende di Sutri sono collegate a quelle delle diverse fazioni guelfe e ghibelline, sempre in lotta per il possesso di città e territori all’interno del Patrimonio di S. Pietro. Sutri è completamente libera solamente nel 1332 depositando il primo Statuto della città nel 1358. All’inizio del XV secolo ad un nuovo tentativo di riconquista da parte dei Di Vico Sutri si sottomette al papa Alessandro V.
Del 1435 è la notizia della unificazione della sede vescovile di Sutri a quella di Nepi. Malgrado tale accenno di crisi, e i sempre più importanti traffici deviati verso la nuova linea di transito della via Cimina voluta dai Farnese, la Città non perde la vitalità sociale ed economica che l’aveva caratterizzata per tutto il periodo medievale. Tali notizie sono confermate anche dalla presenza di importanti famiglie romane che per tutto il periodo successivo al medioevo investono largamente sul territorio sutrino, dando ampio spazio sia alle attività agricole, sia ad impianti industriali come ferriere, ramiere ed opifici che divengono riprova del duraturo benessere economico della Città. La sicura gestione economica di Sutri del periodo rinascimentale sembra anche confermata dalle numerose strutture di accoglienza organizzate per ospitare pellegrini e viandanti o come attesta la presenza di importanti strutture ospedaliere come quella del Santo Spirito in Saxia.
Anche nei secoli successivi le sorti della Città di Sutri vedono delle dinamiche economiche sempre vive, corroborate dalle tante famiglie romane che in maniera costante decidono di investire sul territorio sutrino: gli Altoviti, i Muti Papazzurri, gli Staderini e poi i Del Drago; rimangono segni di un passato quanto mai dinamico e mai fermo.
La città antica sorgeva nel sito dell’attuale su uno sperone tufaceo fusiforme, circondato da profonde vallate solcate da piccoli corsi d’acqua e stretto intorno da alti pianori.
Posta alle propaggini dei Monti Cimini che si elevano a Nord-Est dominando la conca del Lago di Vicoe la piana di Viterbo, e alle falde deiMonti Sabatini a Sud-Ovest, la città venne ad impiantarsi lungo un corridoio naturale di collegamento tra i territori interni dell’Etruria Meridionale e la fascia costiera e, al contempo, lungo la linea di transito da Roma verso il Nord della regione. Alla felice posizione topografica e all’effettivo controllo che l’abitato poteva esercitare su tale linea di percorrenza, Sutri dovette probabilmente la ragione della sua esistenza e dell’importanza che essa, in fasi alterne e con diversa funzione, rivestì fino alla tarda età medioevale.
Un problema ancora di difficile soluzione allo stato attuale delle ricerche è quello relativo alle prime forme di occupazione ed organizzazione del sito, poi occupato dalla successiva città storica, Sutrium. Indagini di superficie condotte in anni recenti, hanno permesso di individuare, lungo il margine settentrionale del pianoro, alcuni frammenti di materiali di impasto che per forme e ornamentazioni possono essere datati alla fase più tarda dell’età del Bronzo finale (X sec. a.C.). Tale dato, seppure quantitativamente modesto, riveste notevole importanza costituendo per ora l’unica testimonianza certa della frequentazione in età protostorica della futura area urbana. Gli elementi a disposizione tuttavia, non permettono di definire in modo più articolato il processo di formazione del più antico nucleo urbano. Non è escluso che la nascita della città possa essere il risultato della fusione di più insediamenti di modesta entità dislocati nel territorio, sotto la spinta della ricerca di nuove risorse economiche, che potevano derivare dalla felice posizione del promontorio posto lungo la linea naturale di collegamento tra l’area Falisca ad est e i territori dell’Etruria interna e costiera a nord-ovest, e al contempo di un luogo che offrisse maggiori garanzie di difesa e di organizzazione urbana.
Tracce della frequentazione in età protostorica sono note nel territorio: materiali di impasto relativi ad abitato riferibili alla tarda età del Bronzo finale, e lacerti di tombe a fossa e a pozzetto, con reperti ceramici inquadrabili tra la metà dell’VIII e i primi decenni del VII sec. a.C.. Questi sono stati individuati in località La Ferriera(circa 3,5 km a sud-est di Sutri, lungo la via Cassia). Probabili resti di abitati, ascrivibili all’età del Ferro erano stati precedentemente segnalati sulle alture di Monte Rocca Romana e Monte Calvi (circa 7 km a sud di Sutri in direzione di Trevignano). Tali siti sembrano aver cessato la loro esistenza intorno alla metà del VII sec. a.C.
Generalmente Sutri nel periodo precedente la conquista da parte di Roma, viene considerata un piccolo centro privo di un ruolo specifico, facente parte o del territorio falisco oppure di quello di Veio. Mancano tuttavia precise testimonianze letterarie, ed anche indizi archeologici definiti che indichino inequivocabilmente l’appartenenza della città alla sfera di influenza politica e culturale falisca o una sua diretta dipendenza dal non lontano ed importante centro etrusco di Veio. E’ solo a partire dal V sec. a.C., in relazione ai primi contraccolpi dell’espansionismo romano nei ferri-tori etruschi e falisci, che il ruolo di Sutri viene più chiaramente a delinearsi. Infatti caduta Veio nel 396, Sutri come la vicina Nepi, entra più o meno subito nell’orbita romana, con precise finalità strategiche e militari, grazie alla sua posizione di cerniera con le aree etrusche e falische. Gli avvenimenti successivi alla presa di Veio attestano con maggiore evidenza la funzione di Sutri come baluardo di Roma nel territorio da poco conquistato e testa di ponte della penetrazione in Etruria. Assediata dagli etruschi di Tarquinia entrati in lotta con Roma dopo il sacco gallico, Sutri venne repentinamente riconquistata dai romani con un intervento fulmineo che, annoverato dalla tradizione letteraria tra le eroiche gesta di Furio Camillo, testimonia l’indubbia importanza assunta dalla città e il controllo, di carattere militare e politico, esercitato su di essa da Roma.
Eretta a colonia latina probabilmente nel 383 a.C., Sutri fu ancora, a più riprese, teatro degli scontri che opposero Roma alle città etrusche e che si conclusero solamente con la definitiva sottomissione di Tarquinia (281 a.C.) e la distruzione di Volsinii (264 a.C.) e di Falerii (241 a.C.).
Con la fine delle ostilità, la funzione di Sutri come caposaldo militare dovette notevolmente ridursi, a favore tuttavia di una lenta ma progressiva trasformazione in centro rurale. Il lungo periodo bellico aveva probabilmente messo in ginocchio le attività e le risorse economiche della città che nel 209 a.C., insieme ad altri undici centri del Lazio, rifiuta a Roma impegnata nella seconda guerra punica, il tributo annuo. Non si tratta di una vera e propria rivolta ma di una palese manifestazione del malcontento generale per il peso della guerra.
Un processo graduale di occupazione ed organizzazione delle campagne intorno a Sutri, in funzione del quale probabilmente, era stato decretato l’invio di coloni dalla Campania, alla fine del III sec. a.C. (il provvedimento ricordato dalle fonti non venne tuttavia mai attuato) è testimoniato dalla presenza di resti archeologici nel territorio limitrofo alla città, relativi a modeste intrastrutture insediative e produttive.
Ricolonizzata negli ultimi anni del I sec. a.C. forse in conseguenza della sua partecipazione alla guerra di Perugia (41-40 a.C.) a fianco dei seguaci dell’esercito di Antonio contro quello di Ottaviano, Sutri ricordata da Strabone tra le città più fiorenti della regione, dovette effettivamente godere di un discreto benessere, derivante in particolar modo dalla sua posizione lungo laCassia divenuta una delle grandi arterie di traffici e scambi commerciali tra Roma e le regioni centro settentrionali. L’impianto del complesso monumentale dell’Anfiteatro, l’estendersi della Necropoli urbana, la presenza consistente di nuclei abitativi a carattere agricolo e di un articolato sistema stradale nel territorio in collegamento con l’area urbana, sono certamente sintomatici di unconsiderevole incremento demografico ed economico.
L’ininterrotta continuità d’uso della via Cassia anche dopo la caduta dell’impero romano fu senza dubbio nel corso dell’età medioevale, il motivo determinante della rinnovata funzione strategica di Sutri, punto di transito e di riferimento da e verso Roma.
Al 465 d.C. risale la prima testimonianza dell’episcopato sutrino, relativa alla sottoscrizione di un Eusebius al sinodo romano di quell’anno. Sul problema della penetrazione e della definitiva affermazione del cristianesimo a Sutri non si hanno notizie significative: sul piano della documentazione archeologica si ricorda che nei pressi dell’attuale cimitero, a Sud-Est della città (via Cassia, km 49), furono individuati nel XVIII secolo i resti di una catacomba detta di San Giovenale, dal titolo di una chiesa ora scomparsa che vi sorgeva accanto. Si conserva circa la metà dell’intero complesso cimiteriale comprendente alcune gallerie, pertinenti a fasi diverse di ampliamento della zona sepolcrale in cui si aprono cubicoli, loculi e arcosoli.
Ben presto divenuta possedimento della Chiesa di Roma, Sutri fu coinvolta nelle lotte tra Longobardi e Bizantini che costituirono le premesse di un nuovo assetto territoriale e politico della regione, sancito poi dal trattato di pace del 607 che ne definisce la suddivisione in Tuscia Romanorum (comprendente la fascia costiera e i territori interni fino alla via Clodia) e Tuscia Longobardorum, estesa all’agro sutrino, falisco e volsiniese.
Occupata dai Longobardi nel 568, Sutri fu riconquistata dai Bizantini con la fortunata spedizione dell’esarca di Ravenna, Romano; successivamente ripresa dai Longobardi di Liutprando, fu da questi donata al pontefice Gregorio II nel 728. Ritenuta tradizionalmente all’origine del dominio temporale della Chiesa, la donazione, o meglio la restituzione del castellum Sutriense (come ricordano le fonti) si inquadra sul piano storico in quel lungo processo di definizione e strutturazione del Patrimonio di S. Pietro e di consolidamento attraverso la proprietà fondiaria ottenuta ed ampliata per donazioni, lasciti od acquisti del principio di territorialità che costituì la base fondamentale del potere politico pontificio.
Le scarsissime notizie relative a Sutri per i secoli IX e X non consentono di delineare un quadro preciso delle vicende locali; per la sua posizione topografica e nel ruolo di ultima tappa prima di Roma lungo la via Cassia e con officio di difesa, la città è menzionata come tappa obbligata nelle discese a Roma degli imperatori germanici o ancora, per il passaggio o la presenza di vescovi e monaci, figure illustri nella storia del Cristianesimo.
L’accresciuta importanza politica oltre che geografica di Sutri ne motivà probabilmente la scelta come sede del concilio del 1046, indetto dall’imperatore Enrico III, per volere del quale dopo la deposizione dei papi scismatici Benedetto IX, Gregorio VI e Silvestro III, fu eletto al soglio pontificio il vescovo di Bamberga, che assunse il nome di Clemente Il. Un altro concilio ebbe luogo a Sutri nel 1059, riunito dal papa Nicolà Il per deporre l’antipapa Benedetto X.
Sul finire del secolo e nel corso del successivo la città è coinvolta nei movimenti di autonomia ed espansionismo delle potenti famiglie dell’aristocrazia romana, grandi proprietari terrieri nella regione, la cui ingerenza sempre più massiccia e spregiudicata nei confronti dell’autorità della Chiesa ne determinava un forte indebolimento sul piano politico.
Nel pluridecennale conflitto tra papato e signori feudali, che va sotto il nome di lotta per le investiture, Sutri è più volte teatro di scontri e controversie che ancora una volta ne attestano l’importanza come punto nodale in un ambito territoriale in continua osmosi, ma che al di là di ogni delimitazione giuridico-amministrativa ha come cardine portante il percorso della via Cassia e come ossatura vitale la fitta rete dei raccordi minori e dei numerosi nuclei abitativi, dislocati in rapporto funzionale con essa.
Nel 1111 Sutri è di nuovo sede di un importante e decisivo incontro tra un imperatore(Enrico V) e un pontefice(Pasquale II), durante il quale furono poste le basi di un accordo protocollare di comportamento, che ponesse fine alla lotta per le investiture, noto come Iuramentum Sutrinum. Al di là del significato politico del patto, in realtà subito disatteso e ricusato, il documento, datato in burgo sutrino, contiene la prima menzione specifica dell’organismo urbano che si era sviluppato ed esteso al margine della via Cassia, oltre i limiti dell’antico nucleo romano.
Appartengono ancora al lungo periodo di lotte e contrasti che opposero il dominio della Chiesa al potere imperiale, conclusosi nel 1122 con il concordato di Worms, gli avvenimenti legati alle vicende di Maurizio Burdino, l’antipapa Gregorio VIII, che fece di Sutri la propria roccaforte (1120) per resistere al partito del papa Calliste II. Assediata prima dalle truppe del cardinale Giovanni di Crema e poi dall’esercito pontificio, la città pose fine al conflitto consegnando il Burdino all’esercito romano.
Successivamente fu assalita e presa nel 1140, da Giovanni dell’Anguillara, acerrimo nemico del Papa, per ritornare poi nel breve volgere di anni, sotto il controllo diretto della Chiesa.
Le manifestazioni sempre più marcate di autonomia da parte delle città che si esprimeva politicamente nella forma del comune, coinvolsero probabilmente anche Sutri, ma la troppa vicinanza con Roma ed un passato storico fortemente legato al potere pontificio, non favorirono di certo l’affermazione dell’autonomia cittadina. In concomitanza con la ribellione popolare esplosa a Roma contro il pontefice e con i tatti di Arnaldo da Brescia, Sutri divenne rifugio momentaneo del papa Eugenio 111(1146), in fuga verso la Francia. In seguito fu ancora teatro di importanti episodi che attestarono ulteriormente la funzione della città come punto strategico e caposaldo fortificato del Patrimonio di S. Pietro. Nel 1155 ebbe luogo a Sutri l’incontro tra Adriano IV e Federico Barbarossa, ricordato con dovizia di particolari da storici e cronisti. Rinnovatasi la discordia tra Chiesa ed Impero, trovò rifugio nella città il papa Innocenzo IV, durante la lotta con Federico II.
Nel corso del XIII e XIV secolo le vicende di Sutri sono strettamente collegate a quelle delle diverse fazioni guelfe e ghibelline, in perenne lotta per il possesso di città e territori all’interno del Patrimonio di S. Pietro. Nel 1264 Pietro dei Prefetti Di Vice, capo del partito ghibellino di Manfredi, re di Sicilia, assalì Sutri sede del quartier generale dei guelfi capitanati dai Farnese e da Pandolfo dell’Anguillara, conquistando il borgo e il castello. L’episodio segna la fase più cruciale del lungo contutto tra i Di Vice e la Chiesa, per il possesso dei castelli della Tuscia, durato fino al 1356. Sutri fu completamente libera solamente nel 1332 (da lì a pochi anni è datato il primo Statuto della città, 1358). All’inizio del XV secolo ad un nuovo tentativo di riconquista da parte dei Di Vice, Sutri con Viterbo, Comete e Montefiascone, si sottomise al papa Alessandro V. Ormai soggetta esclusivamente agli avvenimenti interni dello Stato Pontificio, ma ancora teatro di scontri tra le fazioni più irriducibili avverse al papa, Sutri gravemente danneggiata dalle continue scorrerie e devastazioni che culminarono nel 1433 con la distruzione e l’incendio del borgo per mano di Nicolò Forte-braccio, decadde rapidamente. Del 1435 è la notizia della unificazione della sede vescovile di Sutri a quella di Nepi: il provvedimento è prova inequivocabile della profonda crisi demografica ed economica che investì in modo irreversibile la città, contrattasi ormai al solo nucleo urbano sul pianoro. A tale decadenza contribuirono in maniera decisiva il potenziamento ad opera dei Farnese di Ronciglione e, di conseguenza, lo spostamento dei traffici sulla via Cimina, divenuta la nuova linea di transito da e verso Roma a scapito della via Cassia, che venne sempre più a perdere di importanza nei collegamenti con il Lazio settentrionale e le regioni limitrofe. Privata dunque dell’elemento fondamentale che ne aveva determinato per secoli la vitalità sociale ed economica unitamente alla funzione strategica, e tagliata fuori dalla linea preferenziale di transito, Sutri partecipò in modo del tutto marginale alle successive vicende dello Stato Pontificio, nonostante i tentativi attuati a più riprese nel corso del XVI e XVII secolo dai cardinali governatori e dai vescovi, volti a migliorarne le modeste condizioni. Occupata dalle truppe francesi alla fine del XVIII secolo ed accomunata a Ronciglione in alcune infauste vicende che segnarono la dominazione francese nei territori della Chiesa, rientrò con la Restaurazione nello Stato Pontificio seguendone le sorti fino alla proclamazione del Regno d’italia.
Nella complessa stratificazione edilizia del centro storico di Sutri mancano, allo stato attuale delle conoscenze, sopravvivenze monumentali relative alla fase precedente alla conquista romana. Anche la presenza negli immediati dintorni della città di tombe, genericamente databili tra il VI e il IV sec. a.C., costituisce un elemento indiretto quantitativamente e qualitativamente insufficiente per una ipotesi ricostruttiva dell’entità urbana e anche della sua fisionomia culturale in questo periodo. Occorre però sottolineare che la tipologia architettonica di tali tombe, che contengono ed elaborano elementi compositivi di diversa influenza culturale, indica l’esistenza di stretti rapporti tra Sutri tanto con l’area etrusca quanto con quella più propriamente falisca e ne sottolinea il carattere, per altro evidente sul piano geografico e storico, di centro periferico soggetto a molteplici interferenze culturali.
I resti monumentali relativi alla città romana, conservatisi nelle successive sovrapposizioni e trasformazioni edilizie, nel corso dell’ininterrotto processo di occupazione del sito, offrono un quadro molto frammentario ed episodico della originaria organizzazione urbana che, tuttavia, proprio in considerazione della morfologia del luogo, dovette rimanere pressocché immutato per tutta l’età antica.
Ancora visibili sono alcuni brevi tratti del circuito murario di fortificazione, databile al IV sec. a.C., in opera quadrata, con blocchi di tufo litoide, disposti in filari alternati per testa e per taglio, che dovevano seguire l’andamento del banco tufaceo, adattato in più punti con imponenti tagli artificiali, per potenziarne le capacità difensive.
Collegato al sistema di difesa era quello degli accessi alla città, per il quale si pongono alcuni problemi di ordine topografico e cronologico, sia in relazione all’articolazione interna dell’area urbana, sia in rapporto alla rete viaria extraurbana. Occore, in proposito, ricordare che il tracciato romano della via Cassia correva leggermente discosto dalla città, attraversando prima la zona di fondo valle lungo i costoni tufacei del Colle Savorelli, contrapposto al centro abitato, per salire poi sul Colle Francocci e da qui dirigersi verso nord con un percorso costante di crinale. Lungo questo tratto, dove sono ubicati la necropoli urbana (Iav. 1, 40) e l’anfiteatro, dovevano staccarsi uno o più diverticoli di raccordo con l’area urbana. Cifre alla Cassia, di primaria importanza erano le vie di collegamento con Nepi, e quindi con l’agro falisco, a est, e quella verso i M.ti Cimini a nord ovest. Sopravvissute in parte e ricalcate dagli attuali tracciati stradali, le vie si collegavano alla città rispettivamente all’estremità orientale e a quella occidentale del pianoro.
L’attuale Porta Moroni, al limite ovest del centro storico, occupa con ogni probabilità il sito di un precedente accesso in relazione con l’antica via Cimina, munito forse di un profondo fossato antistante.
All’estremità est del lato settentrionale, invece, si conservano i resti, ormai fatiscenti, della Porta Furia, databile al II sec. a.C., che consentiva l’ingresso all’area urbana sia dalla strada proveniente da Nepi, sia da un probabile diverticolo di collegamento con la via Cassia.
Dal versante meridionale si sale oggi alla città tramite Porta Vecchia (o Franceta) e, poco più a ovest, dalla lunga cordonata di via Porta S. Pietro. Nella struttura della prima, risultato di più fasi costruttive da rincondurre ai diversi momenti di edificazione e restauro del successivo sistema difensivo (XV e XVI-XVII secolo), sono inglobati grossi blocchi squadrati di peperino, verosimilmente appartenenti ad una porta di età romana, necessaria su questo lato per consentire rapidi collegamenti con il percorso della Cassia. Una porta ad arco semplice, ancora conservato all’inizio del secolo, lungo la salita di Porta S. Pietro e inserita nel circuito murario seicentesco, era forse coincidente, in considerazione della posizione topografica, con un accesso antico. Del tutto recente, e non sopravvivenza di una porta più antica, deve considerarsi l’entrata orientale all’area urbana da via IV Novembre, che sale con notevole gradiente fino a congiungersi con via XXIV Maggio, dove fino a quaranta anni or sono si apriva la Porta Romana, costruita probabilmente alla fine del XVI secolo o poco dopo, così detta per la posizione in direzione di Roma.
L’area urbana, larga mediamente m 200 e lunga m 550, presenta a partire dal sito della chiesa cattedrale, una tascia centrale in piano, che digrada dolcemente verso il margine settentrionale del pianoro, scendendo invece con sensibili salti di quota sul lato opposto.
Il forte dislivello esistente tra la parte centrale e il versante sud sembrerebbe suggerire, almeno per questo settore della città, una sistemazione urbanistica a terrazze digradanti, ricavate nella stessa massa tufacea e forse integrate con muri e terrapieni, ad ampliamento delle superfici edificabili.
Il tessuto viario, coordinato alla morfologia del luogo, è ancora in parte leggibile nell’organizzazione attuale. Una doppia viabilità longitudinale, che sfruttava la fascia mediana, si può riconoscere nella via V. Veneto – Via Roma, via 5. Pio V, via Statilio Tauro. Un maggior condizionamento orografico è evidente per la viabilità nord-sud, che non esclude però l’esistenza di assi ortogonali nella parte centrale, con raccordi a quote sfalsate nel settore meridionale. Due di essi delimitavano l’area del Foro, da riconoscere nell’attuale Piazza del Comune.
La complessa situazione geomorfologica del promontorio, comportò, infine, necessariamente, l’ubicazione di un monumento di grande impegno areale come l’anfiteatro, in una zona esterna, nella valle sottostante la città, lungo la viabilità extraurbana.
I mutamenti di ruolo della città, sollecitati dai numerosi e profondi rivolgimenti politici che caratterizzano il lungo percorso storico dell’età medioevale, comportarono importanti trasformazioni nella struttura e nella fisionomia dell’organismo urbano. La riconquistata funzione strategica di Sutri, punto di transito obbligato da e verso Roma, a controllo della via Cassia, costituì il presupposto fondamentale della nuova organizzazione della città. In questa fase, il fenomeno evolutivo di maggiore portata nell’assetto topografico ed urbanistico è costituito dall’espansione del borgo, che si ampliò oltre i limiti della città romana, nella zona sottostante il pianoro, ponendosi a contatto diretto con l’importante arteria stradale extraurbana, il cui percorso ricalcava ancora l’antico tracciato.
Il processo di espansione fu certamente graduale; i resti oggi conserva-ti sono troppo modesti per una precisa ricostruzione diacronica delle fasi di sviluppo. E’ probabile che i primi nuclei abitativi siano sorti sui due colli contrapposti alla città, Savorelli e Francocci, la cui conformazione geomorfologica ben si prestava a ricevere organismi con carattere di centri fortificati, a controllo e difesa della Cassia. Successivamente, con il consolidarsi del ruolo della città, come testimoniano gli avvenimenti storici, nuove e più ampie aree edificabili vennero reperite nella zona di fondovalle.
Il nuovo insediamento abitativo, dotato sul lato non munito, verso meridione, di un proprio sistema difensivo con mura e torri, venne così a collegarsi senza soluzione di continuità con l’area urbana più antica.
Nell’attuale strutturazione del centro storico di Sutri risulta particolarmente difficoltoso cogliere, nella loro interezza e in una precisa sequenza cronologica, le fasi salienti di evoluzione dell’impianto urbanistico e del tessuto edilizie. Solo singoli episodi, per di più isolati, marcano alcune tappe del percorso storico della città. Lo schema di età romana, almeno nelle linee generali di impianto e proprio per i caratteri fisici del luogo, non dovette subire trasformazioni radicali. Adattamenti, modifiche e cambiamenti furono però attuati in connessione alle mutate esigenze della comunità, divenuta ben presto sede vescovile e, soprattutto, dopo la cosiddetta donazione di Liutprando, centro fortificato della nuova autorità religiosa e politica. Episodio centrale della fase medioevale è la costruzione della chiesa cattedrale, che incise però sulla fisionomia della città più dal punto di vista ideologico e simbolico, che formale ed urbanistico. L’impianto del complesso (Tav. 1, 7), infatti, all’estremità sud orientale dell’area urbana, pur ponendosi come polo di attrazione ed elemento direzionale principale dell’organismo urbano, non alterò il tessuto viario precedente, nè costituì il punto di partenza di una diversa articolazione topografica o di una nuova razionalizzazione degli spazi edificabili.
Gli assi principali sono ancora rappresentati dalla viabilità longitudinale, con una maggiore incidenza del percorso perpendicolare alla facciata della chiesa, oggi solo in parte intuibile nella via S. Pio V, obliterato dalla edilizia di completamento del XVII e XVIII secolo. In connessione con l’edificio ecclesiale, ma in rapporto funzionale con le nuove strutture dell’organismo urbano e con il borgo nella valle, è l’asse costituito dall’attuale via Statilio Tauro, che collegava la chiesa con le aree periferiche del versante meridionale della città.
E’ stato più volte rilevato come nella strutturazione del centro storico di Sutri manchino quasi del tutto, se si escludono i complessi ecclesiali, edifici di qualità architettonica rilevante anteriori al XV secolo ed anche spazi urbani fortemente caratterizzati. Questo dato di fatto è stato spiegato con l’ipotesi di una particolare organizzazione della città medioevale che, come si è detto, si estendeva complessivamente su tre speroni tufacei e nella valle interposta. L’organismo così articolato sul piano topografico sarebbe stato impostato anche dal punto di vista politico su poli ben distinti: quello rappresentato dall’attuale abitato, come sede dell’autorità religiosa, e quello costituito dai colli Savorelli e Francocci e dalle zone di fondovalle, come sede del potere laico.
Nella forma e nella qualità dell’organizzazione urbana si rispecchierebbere, dunque, le alterne fortune delle diverse forze di potere.
Del sito della città romana l’autorità religiosa fece la propria roccaforte, sino a quando non fu in grado di affermarsi saldamente e definitivamente, con funzioni prettamente difensive, edificandovi simboli più morali che formali del potere della Chiesa. Alla fase di decadimento e di debolezza del papato, che coincide con le lotte per le investiture prima e gli scontri tra le fazioni all’interno del Patrimonio di S. Pietro, poi, si deve assegnare l’affermazione del potere laico, con il potenziamento del borgo, i cui resti seppur minimi quantitativamente, denotano un livello architettonico di notevole rilevanza.
Occorre, d’altra parte, sottolineare che i documenti relativi agli avvenimenti di cui la città fu teatro e protagonista, sempre menzionano di Sutri il castello e il borgo.
Un’idea dell’importanza e delle dimensioni dell’organismo urbano si ricava, in particolare, da un documento del XIII secolo, riferito da Cencio Camerario, che reca “consuefudinis et lura quae habet dominus Papa in burgo Sutrino”. Esso, oltre a ricordare che il borgo occupa la valle tra i pianori e che era luogo di fermata dei pellegrini romei, ne sottolinea la qualità delle attrezzature ricettive (sei ospedali, dodici ospizi, con annesse 15 chiese), particolarmente significative della destinazione funzionale e d’uso delle strutture edilizie.
La perdita del castello e del borgo, con l’incendio del 1433, nonostante i tentativi di ripristino da parte di Eugenio IV e Innocenzo VIII, segna irreparabilmente l’avvio della decadenza. La forzata contrazione dell’abitato all’interno di un solo pianoro nel corso del XV secolo rese necessaria la costruzione di un nuovo sistema difensivo; il circuito murario, seguendo l’andamento orografico del colle e potenziando con opere fortificatore di maggiore impegno i punti naturalmente meno muniti, definisce il nuovo perimetro dell’area urbana. All’interno di questa, prende gradualmente forma l’organizzazione edilizia, coordinata all’ossatura viaria, che non sembra subire profonde trasformazioni, ma piuttosto una serie di adattamenti funzionali al reperimento e alla razionalizzazione delle aree edificabili. In particolare, il tessuto edilizie che conserva alcune espressioni architettoniche di un certo rilievo, nel settore occidentale della città, sembra impostato su una maglia abbastanza regolare, che ha come elemento portante l’antico asse centrale longitudinale.
Il cambiamento di destinazione d’uso, da centro di transito obbligato, con funzioni strategiche ed anche militari, a residenza di una modesta comunità contadina, e di conseguenza la scarsa incisività e qualità degli interventi urbanistici ed architettonici, a partire dal XVI secolo, attuati dai vescovi della città, non introducono nella configurazione urbana forti elementi innovativi o di drastica rottura con il passato.
L’asse costituito dall’attuale corso cittadino (via V. Veneto-via Roma) diventa la direttrice urbana di maggior importanza, anche in relazione al nuovo tracciato della Cassia. Con la distruzione del castello e del borgo, infatti, il tratto di strada diventa totalmente extraurbano e, non più difendibile, viene gradualmente abbandonato, in conseguenza anche dell’importanza assunta dalla via Cimina, a favore del percorso intramuraneo che attraversa longitudinalmente il pianoro. In connessione con tale percorso vengono attuate nuove opere fortificatorie, in particolare alle due estremità dello sperone tufaceo. Ad ovest, la già esistente porta viene potenziata e munita di un poderoso bastione pentagonale; ad est la costruzione della nuova barriera difensiva con la Porta Romana determina una radicale modificazione della morfologia originaria, consentendo al contempo la salita alla città della via Cassia e il suo innesto con la viabilità interna.
Dal XVII secolo la ormai totale ininfluenza politica, sociale ed economica di Sutri e la sua posizione del tutto marginale nella storia successiva del territorio, giustificano l’assenza di un preciso indirizzo pianificatorio e di razionalizzazione dell’attività urbanistica ed edilizia. Si assiste così ad una serie di interventi anche consistenti negli aspetti dimensionali, ma scarsamente rilevanti nella definizione formale ed architettonica della struttura urbana. E soprattutto un’edilizia di completamento e di saturazione degli spazi ancora edificabili, oltre che di trasformazione e sostituzione di tipi edilizi, che, svincolata da un preordinato disegno urbanistico, altera i rapporti spaziali e funzionali degli elementi che compongono l’organismo urbano e ne modificano nel suo complesso la forma originaria, dando corpo all’attuale organizzazione della città.
Santa Dolcissima
Poco o nulla sappiamo della vita di Santa Dolcissima, patrona di Sutri, di cui la città il 16 settembre festeggia il dies natalis (giorno della morte subita a cuasa della fede e nascita alla cita celeste).
Dall’iscrizione marmorea, ritorvata sul luogo della sepoltura, presso le Catacombe di S. Giovenale nei pressi dell’attuale cimitero, e roa murata nella cappella dedicata alla Santa nella Cattedrale, deduciamo che era una vergina che fu martirizzxata per la sua fede:
“Tu sei beata, o vergine Dolcissma, che per il tuo Dio avesti
in odio il mondo; per te è fatto più grande il regno dei cieli.
Intercedi per noi. Il gionro natale di questa vergine si celebra
nel XVI giorno delle calende di settembre”
Il martirio di cui si parla nella lapide avvenne il 16 settembre di un anno imprecisato del III secolo
I suoi resti mortali fuono rinvenuti all’inizio del XVII secolo e traslati nella cattedrale.
Ma se poche sono le informazioni sulla vita della santa, poche sono anche le immagini che la raffigurano.
Tra queste vi è la statua processionale conservata nella terza cappella della navata destra della Cattedrale di Santa Maria Assunta. La statua in legno dorato con testa, mani e piedi in argento, di scuola berniniana, presenta Santa Dolcissima con la corona in testa, la palma nella mano destra (simboli del martirio) e la mano sinistra con il palmo aperto in allusione alla carità.
Nella stessa cappella si trova anche il quadro che funge da sportello alla teca che contiene la statua. La tela è opera del pittore Heinrch Schmidt che giunto a Roma intorno al 1787, nel 1793 esegue il dipinto raffiugurando la santa nella stessa posa della statua con la città sullo sfondo.
Altra immagine è l’affresco della volta della navata centrale della Cattedrale eseguito dal pittore Luigi Fontana che tra il 1891 e il 1894 lavorò nel Duomo. In questa opera è raffigurata la gloria della Santa Patrona attorniata da angeli con giglio, palma e corona.
Il Dio Saturno
La leggenda vuole che Sutri sia stata fondata da dio Saturno, il padre di tutti gli dei, dal cui nome etrusco, Sutrinas, si pensa derivi il nome della città. Nello stemma cittadino appare infatti Saturno a cavallo, che deposta la spada, innalza un fascio di spighe di grano, simbolo della fecondità e dell’abbondanza della terra sutrina. La tradizione dice che lo stesso Saturno, padre degli dei e degli uomini, creò questa città, che con l’andar dei secoli meritò l’appellativo di “Antichissima”.
Orlando Paladino
Lasciando Sutri in direzione di Roma, a circa un chilometro e mezzo dalla piazza centrale, a sinistra sulla Via Cassia, si nota un viottolo che scende gradatamente a valle. Percorsi pochi metri, appare una grotta a due stanze sorrette da una colonna. La tradizione popolare, rafforzata dai poemi cavallereschi franco-veneti del XII secolo, vuole che qui sia nato Orlando Paladino, Marchese del Chiaramonte, Conte di Blaye e Gonfaloniere della Chiesa Cattolica Apostolica Romana; più probabilmente ci troviamo di fronte ad una tomba etrusca a camera. La leggenda racconta che Carlo Magno aveva una sorella di nome Berta, la quale ebbe l’impudenza di invaghirsi di un valoroso condottiero privo di titolo, di nome Milone. Il re, adiratosi, scacciò la donna dalla corte assieme al suo innamorato sgradito. Per quest’ultimo divenne vitale cercare chi lo assumesse al proprio servizio ma, respinto da tutti, fu costretto a dirigersi verso Roma per chiedere al Papa di intercedere presso il re. Durante la sosta a Sutri, in quella grotta, Berta fu colta dalle doglie del parto e mise alla luce un bel bimbo. Mentre lo accudiva un giorno il piccolo le scivolò di mano iniziando a rotolare sull’erba del pendio e facendo esclamare alla madre disperata “Ooh le petit rouland”. Da qui venne il suo nome e quello della valle che ancora è chiamata Rotoli.
Il ragazzo crebbe sano e robusto, divenendo capo della gioventù Sutrina, meritandosi la carica di “re del carnevale” e conducendo una vita spensierata fino a quando non giunse a Sutri la corte di Carlo Magno. Il re dei Franchi era diretto a Roma e tant’era l’euforia che suscitavano i re e il suo seguito al passaggio. Contagiato da tanta eccitazione, Orlando non perse tempo a mettersi in mostra. Si travestì da servitore, si infiltrò nella sala del banchetto reale e sottrasse con la velocità del fulmine la coppa dove aveva appena bevuto il sovrano. Carlo, più meravigliato che adirato per l’accaduto, sfidò giocosamente il ladro a ripetere la malefatta il giorno successivo. L’azione si ripetè identica, ma sulla strada di casa Orlando trovò tre dignitari del re che, riconosciuta la madre Berta come sorella del sovrano, permisero il ricongiungimento dei familiari da tempo divisi. Rientrando in Francia, Carlo Magno volle suo nipote al fianco, ma Orlando pretese che il suo compagno Oliviero – Sutrino autoctono – lo accompagnasse, divenendo poi con lui Paladino di Francia. (entrambi morirono combattendo contro i Saraceni nella battaglia di Roncisvalle, nell’agosto del 778.) Svariate città, soprattutto in Francia, si vantano di aver dato i natali a Orlando, ma Sutri non ha merito minore, specie se si legge quanto riportato dal cronista Andrea da Barberino. Questa leggenda si tramanda comunque a Sutri di padre in figlio – se non volete inimicarvi gli abitanti del luogo, è meglio che non la mettiate in dubbio! del resto, la varietà ha certamente depositato nella leggenda qualcosa di vivo, quella fragranza che sa più di cosa vissuta che di invenzione.
Autostrada A1: casello Magliano Sabina, S.S. Flaminia fino a Civita Castellana e di qui S.S. 311 per Nepi e poi la Cassia.
Da Viterbo e da Roma : Via Cassia rispettivamente Km. 27 e Km. 50.
Ferrovia: Linea Viterbo – Roma stazione di Capranica – Sutri a Km. 5.
Bus: Linea C.O.T.R.A.L. da Roma e Viterbo.
Comune di Sutri
Indirizzo
Comune di Sutri
Piazza del Comune, 32
01015 Sutri (VT)
Coordinate satellitari
42° 14′ 31.00” N
12° 13′ 27.65” E
Altitudine
291 m s.l.m.
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